È passato quasi mezzo secolo ma mette malinconia leggere la struggente nostalgia della Libia rimasta attaccata alla pelle di chi nel 1970 fu cacciato da Muammar Gheddafi. Il libro Il ricordo che se ne ha (edizioni Margana), titolo tratto da una citazione del poeta Charles Wright, è pieno di tenerezza, amore, rimpianti. Mariza D’Anna, oggi giornalista e scrittrice, fu buttata fuori dal Rais con altri 20 mila italiani quando era una bambina ma della «sua» Biar Miggi, a ottanta chilometri a sud di Tripoli, grazie anche alle memorie coltivate in famiglia, ricorda tutto. Certo, sa bene degli errori spaventosi commessi dall’occupazione italiana, in particolare negli anni del fascismo, di Badoglio, di Graziani. E non nasconde nulla. Un conto fu il brutale colonialismo fascista, però, un altro i nostri coloni. E quella di Mariza è la storia di una famiglia siciliana che con l’aiuto di tanti contadini e operai italiani, lavorando sodo terre non generose, riuscì a mettere insieme una fiorente azienda di 1.319 ettari. Della quale oggi, come mostrano recenti foto fatte di nascosto da Tonino, il figlio del fattore veneto che mandava avanti la tenuta, non resta nulla. Non è mai riuscita a tornarci, Mariza. E forse non è un caso se, dopo l’esilio dalla sua Biar Miggi e il nuovo inizio a Genova, abbia scelto di vivere a Trapani. Dove, se si leva il vento caldo dall’Africa, può sentirsi a casa…
Gian Antonio Stella «Corriere della Sera»